Eugenio Bertin

Che sia un
campo di fiori, un fiume, la splendida città di Venezia o l’essere umano, sono
i sentimenti, le sensazioni, i ricordi, i silenzi e le meditazioni che Eugenio Bertin (Polverara
– Padova, 1950) cerca di bloccare sulla tela attraverso la magia dei colori,
che trae spunto dall’esperienza dei maestri francesi dell’800 e dalla necessità
di trasformare il vero in luce.
Bertin non
ama giochi degli opposti, privilegia
la tonalità che sia espressione di candore e calore, e permanga sempre sulla stessa intensità cromatica.
Ogni
lavoro è lo specchio di una istintualità di un’anima contemplativa. “Controluce a Venezia”, “La pozza
d’acqua”, “Magia floreale”, “Poesia primaverile”, “Un ramo del Sile”, “Vieri in
laguna”… Bastano solo questi pochi titoli per comprendere che si
sta parlando di un artista che ha fatto dell’evocatività il cardine
fondamentale della pittura.
“Il sapiente accostamento di gamme cromatiche –
afferma lo storico e critico d’arte Siro
Perin – fra
loro mai eccessivamente contrastanti, la pennellata vibrata, guizzante e
attenta, ma non eccessiva, l’uso calibrato della luce e la raffinata esecuzione
degli elementi che costituiscono la composizione infondono all’opera un senso
di calma e di equilibrio che travalica il dato oggettivo dell’immagine, per
sfociare in una dimensione altra sospesa e dal piglio quasi magico, fatta di
colorati momenti dell’anima, in cui le emozioni emergono lentamente per poi
stemperarsi in un’aura di gratificante felicità”.
La pittura, nella quale si intravvedono anche rimandi alla tradizione tonale veneta e alla tecnica impressionista, sapientemente amalgamati con una personale modalità pittorica protesa alla sperimentazione, è usata come mezzo tecnico-espressivo da parte dell’artista per far emergere, se non svelare, il suo io più intimo e recondito. .